Sono trascorsi 15 giorni dall’inondazione scatenata dall’uragano Daniel sulle coste della regione Cirenaica. 120 milioni di metri cubi di acqua si sono sprigionati dal crollo delle due dighe a monte della città più colpita dalla tempesta: Derna.
Nel suo percorso, l’acqua si è trasformata in fango ed ha investito strade, ponti, edifici, abitazioni, ospedali. La città è stata sommersa da un metro di fango.

Nel caos delle giornate successive all’alluvione del 10 settembre si sono susseguite notizie di migliaia di morti, il cui bilancio continua a cambiare ed è arrivato pochi giorni fa a 11.300, a fronte di oltre 10.000 dispersi e 43.000 senzatetto a Derna, città di artisti e poeti, che contava prima dell’inondazione circa 120.000 abitanti.
La conta dei decessi è alta perfino tra i soccorritori. Tra gli sfollati ci sono 17 mila minori in età scolastica, molti dei quali orfani, che in questi giorni hanno iniziato la scuola in tendoni, essendo gli edifici distrutti o adibiti all’ospitalità degli sfollati.

Migliaia di corpi dappertutto: ad oggi sono stati recuperati quelli sulle strade, ma rimane impellente il recupero di molti dei cadaveri ancora intrappolati nelle case e nelle auto trascinate in mare e quelli sotto le macerie nel fango. I danni materiali e morali sono devastanti. L’esigenza di onorare con riti funebri adeguati le vittime innocenti di questa tragedia non trova spazio e viene soppiantata dalla priorità di evitare epidemie derivanti dall’inquinamento per le migliaia di morti ancora non recuperati.
Tra gli edifici crollati, anche le strutture sanitarie, sostituite da ospedali da campo.

Mancano risorse primarie, quali acqua potabile, alimenti ed energia. Molte strade sono ancora inagibili e rallentano l’arrivo dei soccorsi. Mancano escavatori per la rimozione delle macerie e la ricerca dei dispersi. Mancano sacchi di plastica dove riporre le vittime.

Mancano competenze per affrontare una situazione di questa portata:

  • competenze organizzative e di pianificazione utili nell’immediato per affrontare l’emergenza
  • competenze tecniche di medio periodo per la ricostruzione e il rafforzamento delle infrastrutture civili, per prevenire danni futuri e salvaguardare i cittadini residenti
  • competenze strategiche di lungo periodo per proteggersi dalle calamità naturali e trovare un equilibrio ottimale tra persone e territorio.

Gli aiuti internazionali, oggi importanti, hanno tardato ad arrivare poichè è stata sottovalutata la tragedia dalla comunicazione internazionale, oltre che a causa dell’intasamento delle vie d’accesso alla città di Derna e attraverso le aree colpite nella regione del Gebel Akhdar (montagna verde).

A fronte della reazione a rilento degli aiuti internazionali, quella interna tra municipalità libiche è stata, ed è, eccezionale. Da molte città, anche le più lontane, sono partite carovane di generi di prima necessità e volontari. La solidarietà libica dal basso ha superato qualsiasi divergenza politica per lasciare spazio alla collaborazione incondizionata.
Molte municipalità circostanti hanno offerto ospitalità in famiglia agli sfollati dalle zone alluvionate.

I partner del progetto REBUILD – Research and Education Building Urban Institutions for Local Development (Azzawiya, Benghazi, Beni Walid, Gharyan, Sebha, Sirte, Tripoli, Tobruk, Zintan, and Zliten) si sono attivati ed hanno mantenuto costante il contatto e la comunicazione tra loro e con le potenziali risorse esterne. Essi hanno veicolato e coordinato varie richieste di aiuto, in alcuni casi si sono recati a Derna per raccogliere informazioni direttamente sul posto e poter di conseguenza meglio organizzare gli interventi.

In risposta all’appello delle autorità nazionali libiche, il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile italiana ha inviato dapprima una squadra di valutazione per la ricognizione dei fabbisogni formata da personale del Dipartimento stesso, dei Vigili del Fuoco e del Comando Operativo di Vertice Interforze e in seguito varie misure di sostegno attraverso il Mar Mediterraneo tramite la nave San Marco della Marina Militare: mezzi di movimento terra e di soccorso, 2 elicotteri della Difesa italiana, 100 tende complete di brande e sacchi a pelo capaci di ospitare 1.000 persone, circa 5.000 coperte fornite dalla Croce Rossa Italiana, 8 pompe per l’acqua e 30 pallet di forniture mediche.

Il Dipartimento della Protezione Civile è rimasto in stretto e costante raccordo con il team italiano sul territorio e con Regioni, Province Autonome e strutture operative per la ricognizione dei fabbisogni e le attività in supporto delle popolazioni libiche colpite dalle inondazioni.

Al 17 settembre, il personale italiano impegnato nei territori colpiti dall’emergenza era di circa 480 unità tra Dipartimento della Protezione Civile, Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e Forze Armate, oltre ai rappresentanti diplomatici del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale già presenti sul posto.

Un italiano, Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare in servizio presso il Dipartimento della Protezione Civile, è stato nominato team leader, a capo cioè della squadra del Meccanismo Europeo di Protezione Civile che coordina l’assistenza fornita dagli Stati membri dell’Unione Europea, garantisce i contatti con le Nazioni Unite e individua tutti i settori di possibile intervento del Meccanismo unionale, a supporto delle autorità libiche.

Vista dall’esterno e con il coinvolgimento umano e gli occhi puntati alle 10 municipalità partner del progetto REBUILD, l’auspicio è che la tragedia si trasformi in opportunità di rileggere le priorità e rinsaldare le proprie competenze a tutela delle e dei cittadini libici.. Accanto alle azioni per far fronte all’emergenza, servono attenzione alle attività di prevenzione e strategie stabili e lungimiranti a beneficio del bene comune e dello sviluppo equilibrato del territorio.